Su marmo, su pietra, con nomi sbagliati o coperti, con vie che diventano viali solo nelle indicazioni sbagliate. E’ il caos della toponomastica di Ceglie Messapica, una giungla grottesca e mortificante
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di Damiano Leo
La toponomastica a Ceglie Messapica, è sotto gli occhi di tutti, è una vera giungla.
Per una città votata al turismo, come ormai vuole essere la nostra da parecchi anni, non è più accettabile che non si metta ordine alla toponomastica. Per ogni turista che approda per la prima volta nella nostra città il primo biglietto da visita sono proprio le indicazioni e i nomi delle strade e delle piazze. In verità una decorosa sistemazione delle targhe, che riportano il nome delle strade, giova anche a tutti i residenti e a coloro che hanno il compito di recapitare plichi e corrispondenze.
La casistica nella quale navigano, da troppo tempo, le nostre indicazioni stradali è, purtroppo, lunga e variegata. A cominciare dal materiale usato: si passa dal marmo, per arrivare a un semplice foglio di carta plastificato e fissato con quattro semplici chiodi, ormai arrugginiti; passando dalla pietra, alla plastica, al lamierino e, in pochi casi, alla ceramica. Un vero tripudio di materiali per la stessa toponomastica. Ma questo è il male minore.
Quello che non si può e non si deve più accettare è il fiume di errori, strafalcioni, distrazioni, leggerezze, scarso gusto del bello che corre lungo le scritte utilizzate per dare forma alla nostra toponomastica.
Facendo un rapido giro per la cittadina e dando anche una rapida occhiata alle targhe, ognuno potrà sicuramente rilevare errori di scrittura, qualche volta fatte a mano libera, con vernice color nera e corrette sempre a mano; scritte con numeri romani e tanto di apice (Vico IVº Argentieri, tanto per fare un esempio), come se IV non bastasse; cartelli completamente oscurati da segnali stradali o da qualche faro sistemato arbitrariamente da chi sa chi; cartelli illeggibili a causa del tempo e dell’usura o quasi completamente cancellati; una strada che a nord è indicata come via e a sud come viale; una stradina di pochi metri con soli sei numeri civici (quattro per autorimesse, uno per un esercizio e uno per un appartamento di tre piani) che, bontà loro, ha ben tre cartelli, due su un lato e uno sull’altro, forse per compensare qualche strada che di cartello non ne ha neanche uno. Esempio sia via Salerno, dove insiste una scuola pubblica che, all’occorrenza, offre le sue aule per i seggi elettorali.
Spero che, anche se per pura campagna elettorale, si voglia mettere mano, una volta per tutte, per rifare totalmente la nostra toponomastica, magari prendendo ad esempio il cartello in ceramica di via G. Mazzini, con tanto di stemma comunale in testa, realizzato da un privato cittadino, dopo la ristrutturazione del suo immobile. Di certo non sarebbe male se anche la nostra toponomastica da giungla, finalmente si rifacesse il look, dando, così, più dignità a tutta la nostra cittadina.
Da qualche anno ho proposto la nomina di una Commissione (composta da tutte le categorie sociali) per rifondare l’ odonomastica cittadina.