Un anno fa moriva il numero “11” del calcio, il campione che nel giorno del trionfo nel 1970 alla Domenica Sportiva ebbe parole di incitamento per il Ceglie. Una squadra che senza un campo sportivo riuscì a collezionare successi ineguagliati. Un articolo sul bomber del Cagliari e le imprese dei ragazzi allora sconosciuti / Il video della Domenica Sportiva
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Un anno fa, il 22 gennaio 2024, moriva Gigi Riva, il bomber e il numero “11” del calcio azzurro. E’ un personaggio molto caro agli italiani e ai cegliesi che in lui hanno visto per oltre mezzo secolo la metafora del “pulcino nero” che vince a dispetto della realtà.
A Gigi Riva è legato il ricordo della “Zingara” del calcio brindisino, la squadra del Ceglie Messapico che dal 1967 al 1970 scalò i campionati della Puglia collezionando promozioni di serie giocando sempre fuori casa. Il motivo? Non aveva un campo di calcio, storia che commosse l’Italia dopo gli applausi ricevuti alla Domenica Sportiva, trasmissione che all’epoca raggiungeva punte di circa dieci milioni di telespettatori.
Nella foto in alto la formazione tipo di quella squadra ormai leggendaria. In piedi, da sinistra: Santacroce, D’Ignazio, Lasorella, Rodio, Barbieri, Di Girolamo, Storelli. Accosciati: Orlando, Apruzzi, Spagnolo, Di Giulio, Errico. La foto fu scatta al Campo Sportivo Comunale di San Michele Salentino.
Riproponiamo un articolo di Mino De Masi pubblicato su “Quotidiano di Puglia” all’indomani della scomparsa di “Rombo di tuono”.
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di Mino De Masi
Gioire per la conquista del primo scudetto dinanzi a dieci milioni di telespettatori e ritrovarsi a parlare delle imprese e della sventura di una società calcistica della provincia meridionale. Poteva accadere, è accaduto: più di mezzo secolo fa. Protagonisti furono Gigi Riva, con il suo Cagliari neocampione d’Italia, e il Ceglie Messapico (all’epoca non ancora “Messapica”), la “zingara” del calcio italiano, la squadra dei miracoli e dell’imbattibilità, una sorta di antesignana di quel che si sarebbe visto otto anni dopo con un’altra provinciale più blasonata, il Perugia del pugliese Franco D’Attoma. Le gesta della formazione brindisina si inserirono nella festa dei calciatori guidati da Manlio Scopigno, il “Filosofo” che seppe sfiorare lo scudetto nel 1969 e conquistarlo al vecchio Ampsicora di Cagliari il 12 aprile 1970 con due turni di anticipo grazie a un gol di testa di Gigi Riva contro un Bari già retrocesso.
VIDEO/ La “Zingara” e Gigi Riva alla Domenica Sportiva – Cliccare per la visione
La domenica successiva tutti i giocatori, con il mister Scopigno e il vicepresidente Andrea Arrica, furono ospiti della Domenica Sportiva condotta da Lello Bersani, con lui gli storici radiocronisti Enrico Ameri e Sandro Ciotti. Oggi sarebbe stato vivisezionato il trionfo della squadra, si sarebbero approfonditi gli aspetti gossipari dei protagonisti, il confronto con le altre squadre avrebbe diviso gli opinionisti, sarebbero saltati sul podio gli analisti sportivi e quelli finanziari (chiamateli pure sponsor), con realtà virtuale e intelligenze comunque artificiali si sarebbe discusso del futuro e delle sue pilotate varianti. E invece no. Si ebbe il tempo di parlare del “Ceglie” e dei suoi ragazzi che come gli Argonauti andavano alla ricerca del vello d’oro, un gruppo-fenomeno della II Categoria pugliese che in tre anni scalò due campionati, vinse 17 partite, ne pareggiò 6, realizzò 63 reti subendone solo 13. Primati raccontati nel libro di Cataldo Rodio, funambolico calciatore di quel gruppo, dedicato alla leggendaria impresa iniziata nel 1968.
Tutto questo giocando sempre in “trasferta” nella vicina San Michele Salentino o peregrinando da un campo all’altro della provincia perché a Ceglie, in quel tempo, uno stadio non c’era. Sarebbe arrivato nel 1971, in erba, dopo la terza promozione e il clamore suscitato dalla trasmissione del Primo Canale della Rai-Tv.
Lello Bersani espose a Gigi Riva i record e l’appello giunto da Ceglie. Il giocatore un po’ sorpreso e stordito dalle magnificenze dei “campioni sconosciuti” venuti dal Sud commentò con poche ma efficaci parole: “Sinceramente sono da ammirare, vorrei proporre ai miei compagni un applauso per questa squadra”. E Bersani, conduttore di mestiere: “I Campioni d’Italia per il Ceglie Messapico!” tra gli applausi scroscianti e la lettera consegnata al vicepresidente cagliaritano. Si sa, il bomber ci sapeva fare con i piedi, anzi con il suo fulminante sinistro, ma con le parole è stato sempre piuttosto parsimonioso. Probabilmente era ascoltato proprio per questa qualità.
A suggellare l’epiteto di “Zingara del calcio brindisino” furono due accesi tifosi, Mario Allegretti e Pinuccio Maggiore, che in nome di un gruppo di sostenitori vollero far conoscere il ricco palmares della compagine messa insieme dall’appassionato ed esperto Giovanni Stoppa, presidente di quella formazione e rullo compressore per la realizzazione di uno stadio che oggi porta il suo nome.
E non è stato facile per i due supporter gialloblù, i colori della squadra, trovare attenzione e spazio nella trasmissione Rai. Dovettero inviare tre raccomandate con ricevuta di risposta e attendere i tempi postali prima dei garbati solleciti: “La importuniamo per l’ultima volta; se non siamo bene accetti, forse perché di un paese del Meridione, ce lo dica chiaramente, sia così gentile da darci una risposta”. Il responso di Lello Bersani arrivò in diretta, nel Ghota del calcio e dei commentatori italiani.
Da quel giorno il maltrattato, ingiurato, schernito drappello senza casa ebbe considerazione e attenzione dei rappresentanti istituzionali. Non era questione di dignità o parità campanilistica, ma una doverosa soluzione ad una domanda collettiva perché più di oggi il calcio era una componente identitaria, al “campo sportivo” si riunivano le famiglie, sugli spalti si riusciva persino a riappacificare le controversie, purché di simile colore. Dunque, le lungaggini per la realizzazione di un terreno di gioco diventarono presto un caso politico.
Dall’exploit della Domenica Sportiva alla prima partita su un rettangolo di prato fresco che era l’invidia di mezza regione passarono pochi mesi, con le amichevoli del Ceglie con il Brindisi, allora in serie B, e il Lecce di Mimmo Renna ad autenticare il valore di un team che con caparbietà ha saputo vincere anche fuori dal campo. Un po’ come la storia di “Rombo di tuono”, il forestiero catturato dalla Sardegna, il campione che ha preferito la passione al denaro.