Un tempo c’era il servizio militare obbligatorio: una chiamata attesa con timore ma che molti ragazzi hanno vissuto con impegno e responsabilità. La storia di due soldati che sono stati autorevoli istruttori di carri armati e formatori degli equipaggi a bordo dei Leopard. Un lavoro che si rivelò prezioso nel soccorso alle popolazioni dell’Irpinia nel terremoto del 1980
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di Domenico Strada
In questi giorni in cui è stata rappresentata la necessità di riarmarsi e di lucidare l’elmetto, con una certa romantica nostalgia, mi è tornato alla mente il periodo in cui, per i giovani ritenuti idonei, era obbligatorio il servizio militare.
Tutti quelli che, non beneficiando del sospirato esonero, hanno ricevuto la temuta “cartolina rosa”, hanno dovuto “servire la Patria in armi”, alcuni cercando di ottenere un incarico da cosiddetti imboscati, possibilmente vicino casa con orario d’ufficio, evitando addestramenti vari, turni di guardia, marce con annesse bolle ai piedi.
Per altri ragazzi, i mesi di naja sono stati invece un periodo di grande impegno e di assunzione di responsabilità: è il caso di due nostri concittadini a cui l’esercito, presso la Scuola Truppe Corazzate di Caserta, in virtù delle loro particolari attitudini motoristiche e meccaniche, ha affidato l’incarico, non privo di pericoli, di addestratori degli equipaggi dei carri armati.
Quirico Zizzi, ora 75enne, ostunese di nascita ma naturalizzato cegliese per matrimonio, a soli 19 anni, ha insegnato ad altri colleghi, a pilotare l’M47 Patton, un carro di fabbricazione Usa del peso di 46 tonnellate, armato con un cannone da 90 mm di calibro con due mitragliatrici Browning in torretta.
Cosimo Elia, ora 65enne, conosciuto in città anche per aver istruito centinaia di cegliesi per il conseguimento della patente di guida “ordinaria”, a 20 anni è stato istruttore per gli equipaggi (capocarro, pilota, cannoniere e servente), del carro armato Leopard di produzione tedesca del peso di 40 ton, armato con un cannone da 105 mm e due mitragliatrici in torretta. Il comandante diretto di Cosimo Elia era il tenente Fabio D’Inzeo, figlio di Piero e nipote di Raimondo, i famosi fratelli D’Inzeo vincitori di numerose gare ippiche e anche delle Olimpiadi di Roma 1960.

Fino al termine della guerra fredda, le unità carri nel nostro esercito sono state dislocate nell’area della soglia di Gorizia, per respingere l’eventuale attacco delle forze corazzate del Patto di Varsavia. Nessuno dei nostri due ragazzi, per fortuna, è stato impegnato in azioni belliche. Cosimo Elia ricorda però con viva emozione, quando la sera di domenica 23 novembre 1980, insieme ai suoi commilitoni, dalla caserma di Caserta, partì in soccorso alle popolazioni colpite dal terremoto che distrusse numerosi paesi fra la Campania e la Basilicata, giungendo a Sant’Angelo dei Lombardi dove, per una settimana, lavorò con i pochi mezzi a disposizione per tirare fuori dalle macerie i sopravvissuti e, purtroppo, le numerose vittime.
In Quirico e Cosimo è rimasto l’orgoglio di aver fatto il proprio dovere e di avere assolto “con disciplina ed onore” gli obblighi che il giuramento militare e la Costituzione impongono.
Tornando a questi giorni, parallelamente all’incremento del potenziale dei sistemi d’arma, si dovrebbe anche pensare a ricostituire lo spirito giusto, il senso del dovere, l’orgoglio di indossare l’uniforme ed onorare la bandiera, in chi quelle armi le dovrebbe, speriamo mai, imbracciare.
E’ questa l’operazione che appare più difficile e che non ha prezzo.