In un incontro sulle vicende della Seconda guerra mondiale sono stati ricordati Michele e Amedeo: il primo pilota di idrovolanti paralizzato dopo un incidente di volo, il secondo prigioniero in campo nazista. Le loro storie drammatiche e personali: entrambi segnati dal conflitto bellico, ma con una vita vissuta con dignità
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di Domenico Strada
E’ stato emotivamente intenso, da parte dell’avvocato Camillo Caliandro, il ricordo dei due fratelli Michele e Amedeo, i quali hanno attraversato con le loro drammatiche storie personali i tragici anni del 2° conflitto mondiale, mantenendo comunque e sempre la dignità di uomini.
L’occasione è stata quella dell’incontro del 29 novembre scorso, organizzato da Unitre di Ceglie Messapica nell’ambito della iniziativa voluta dal presidente Piero Maggiore, finalizzata a riscoprire ed onorare la memoria dei tanti cegliesi convolti negli eventi bellici che hanno interessato l’Italia a partire dagli anni del Risorgimento.
L’avv. Camillo Caliandro, che per i più giovani, si richiama, è stato sindaco di Ceglie Messapica dal 1965 al 1978, ha ricordato il fratello maggiore Michele, ufficiale della Regia Aeronautica pilota di caccia e di idrovolanti impegnato sul fronte del Mediterraneo, rimasto praticamente paralizzato già dal 1945. L’11 marzo del 1968 il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, gen. Duilio Fanali, gli ha tributato l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica.
L’avv. Caliandro, parlando poi del fratello Amedeo, soldato di Sanità della Divisione Isonzo dislocata nella ex Jugoslavia, ha introdotto un suo diario redatto dai giorni della sua cattura da parte dei nazisti all’indomani della proclamazione dell’armistizio (8 settembre 1943), fino alla liberazione avvenuta a Berlino il 21 aprile 1945 all’arrivo dei soldati dell’Armata Rossa. Tale diario, pubblicato nel 2015 dalla figlia Patrizia, con il suggestivo titolo “Eppure avevo un nome”, reca una sua toccante introduzione, un sentito omaggio al padre e all’uomo:
“Per tanti anni mio padre non ha voluto ricordare il periodo trascorso prigioniero dei tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. Anche se incalzato dalle domande mie e di mio fratello, con difficoltà lo si convinceva a raccontare. Solo con la vecchiaia il suo atteggiamento mutò, e in lui si fece strada il desiderio di comunicare e condividere quanto vissuto durante la prigionia. Fu in quel momento che dal fondo del cassetto sbucò il diario, scritto in Germania, che papà aggiornò con qualche avvenimento successivo della sua esistenza Fu allora, quando ormai la sua vita volgeva al termine, che sentì l’urgenza di condividere anche la parte della sua storia restata nell’ombra”.
Continua la figlia: “Se fino a prima era stato pressoché impossibile strappare una confidenza che non fosse una semplice frase fatta, dopo di allora capitò sempre più frequentemente che ricordasse i tempi della prigionia e ringraziasse il cielo di essere sopravvissuto. Quando poi capitava che la cronaca più recente riproponesse vicende che richiamavano alla memoria tragedie passate, la sofferenza che vedevamo comparire sul suo volto era autentica e profonda. Per quanto grande fosse stato il male, niente sembrava in grado di redimere l’essere umano. La storia si riproponeva uguale. Ciò malgrado papà non giudicava. In tanti anni mai nessuno pregiudizio, nemmeno nei confronti dei suoi carnefici. Dopo la prigionia papà riuscì a dimenticare, a costruire una nuova famiglia lontano dai luoghi dove era nato a cresciuto, a voltare pagina”.
“Abbiamo respirato i suoi valori e li abbiamo fatti nostri. Ritrovarci a Ceglie, mio fratello Maurizio ed io, con le nostre famiglie, ogni estate anno dopo anno, ci ha permesso di rinsaldare i legami affettivi e di ancorarci alle radici paterne. La Puglia è ancora oggi una regione dove la qualità del cibo e il piacere della compagnia sono valori importanti. E in fondo, con l’amore per noi, erano queste le cose che contavano di più per papà. Le pagine che seguono, sono un contrappunto al suo diario, sono un omaggio all’uomo che, nonostante le mie tante incertezze, è rimasto sempre un punto fermo, irrinunciabile, nella mia vita. Un uomo che mi ha amata e che ha avuto fiducia in me anche quando, da ragazzina, piena di sogni, faticavo a terminare gli studi e contestavo la sua autorità. Ora so che la sua fiducia e il suo amore sono stati la forza che mi ha permesso di superare i momenti più ardui e diventare adulta. E’ un mistero come ci sia riuscito. Eppure ha saputo lasciarsi alle spalle tutto il male che aveva patito. Io lo posso testimoniare. Niente, mai niente di quell’inferno e’ giunto sino a noi. Solo a dirlo, a immaginarlo, vengono i brividi. Mio padre ha avuto ragione del male. Con la sua semplicità, accogliendo con sincerità e schiettezza ciò che la vita offriva. Se questo è stato il suo lascito, io sono una donna ricca”.