Chi era la famiglia spagnola che nel XVII secolo ottenne il Ducato di Ceglie? E cosa resta della memoria storica? Molto è stato sepolto e disperso dal crollo di un’ala del Castello avvenuto negli anni Ottanta. Eppure emergono delle foto che potrebbero essere materia per gli studiosi
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di Francesco Moro
Nel cuore del quartiere San Ferdinando di Napoli, sulla collina di Pizzofalcone è ubicata la Basilica di Santa Maria degli Angeli, chiesa fondata nel 1587 e successivamente rifondata nel 1610.
La seconda cappella del lato sinistro della chiesa è dedicata all’Immacolata Concezione di Maria, ed è proprio davanti a questa cappella nel pavimento tra la navata centrale e quella laterale sinistra, sotto la campata, ch’è collocata una lapide. La lapide recita:
ALOYSII SISTO Y BRITTO
COELIARUM PALAVONIAE ETC.
IN SALENTIS
DUCIS
SUORUMQUE
ANNO MDCXLVIII
la cui traduzione è:
Di Luigi Sisto y Britto,
di Ceglie e di Palagogna etc.,
duca tra salentini,
e dei suoi,
anno 1648.
Don Luigi Sisto y Britto fu il primo duca di Ceglie della casa di origine spagnola per aver ricevuto il titolo attraverso il matrimonio con Caterina Lubrano figlia di Diego Lubrano, I Duca di Ceglie.
La lapide marmorea, in cui non è più possibile vedere l’arma della famiglia ducale di Ceglie in quanto abrasa, conduce in un ambiente sotterraneo della chiesa, attraverso una scala, che molto probabilmente nei secoli è stato utilizzato come luogo di sepoltura in Napoli della casa ducale di Ceglie.
La lapide, può essere considerata un cardine di un filo che lega questa chiesa sita nel cuore di Napoli alla storia della casa ducale di Ceglie e quindi della nostra cittadina.
Per ricostruire questa storia è utile una pubblicazione del 1876 riguardante il fondo manoscritti della biblioteca della Certosa di San Martino, oggi conservato presso la Biblioteca Nazionale di Napoli. A pagine n. 561 del testo all’interno del capitolo circa le “varie – legali riguardanti l’ordine dei chierici regolari” si legge: 21. Id. (Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone) e Girolamo Nardillo (1620). Concessione di cappella. Due documenti hanno la firma autografa del Consigliere Scipione Rovito. Tale cappella appare, senza potersene precisare il come al sig. Cesare Lubrano Duca di Ceglie dal quale passò (essendo egli morto senza figli maschi) a Caterina nipote ex figlia, moglie del regio Consigliere di S.ta Chiara D. Luigi Sisto, da cui passò a D. Annibale Sisto y Britto, che nel 1780 faceva altro istrumento per affermare il diritto di jus padronato sulla cappella dell’immacolata Concezione ch’è la seconda a sinistra, entrando per la porta della Chiesa e nella quale in quell’epoca si vedevano nella balaustra le armi gentilizie della Casa Lubrano. Oggi tal diritto appartiene al Marchese Luigi Verrusio. (Alias Verusio, n.d.s.)
E’ chiaro quindi che il titolo della cappella dedicata all’Immacolata Concezione segue il destino della casa ducale di Ceglie passando dai Lubrano, ai Sisto y Britto fino ai Verusio attraverso i secoli, e possiamo aggiungere attraverso matrimoni avvenuti tra esponenti delle famiglie. L’altare della cappella appare avere gli stessi marmi presenti nell’altare neoclassico dedicato a Sant’Antonio di Padova della Collegiata di Ceglie, sarà forse un caso, questo al momento non è chiaro. L’altare della cappella ospita una tela attribuita a Massimo Stanzione, pittore vissuto a Napoli nella prima metà del 600, maestro del pittore Pacecco De Rosa, autore della tela raffigurante Sant’Antonio conservata nello stesso altare della Matrice di Ceglie di cui si è parlato qualche rigo sopra.
La Chiesa Santa Maria degli Angeli appare, come si diceva, legata alla storia di Ceglie e quella della casa ducale anche per altri aspetti.
Innanzi tutto il titolo, anche a Ceglie, era presente una chiesa dedicata a Santa Maria degli Angeli (Angioli), la chiesa annessa all’abbattuto convento dei Cappuccini, anch’essa utilizzata, come la chiesa napoletana, come luogo di sepoltura dalla casa ducale di Ceglie.
Altro elemento è l’intervento nelle opere di progettazione di Giovanni Battista Broggia che se nella chiesa napoletana progettava l’altare maggiore della chiesa a Ceglie è invece progettista dell’intero complesso della Collegiata Santissima Maria Assunta.
Altro elemento di collegamento, questa volta più tra la chiesa di Santa Maria a Pizzofalcone e direttamente la casa ducale, è l’appartenenza alla famiglia Sisto y Britto del vescovo di Sora, Giuseppe Maria, maestro in sacra teologia e dottore in utroque jure, assistente al Soglio Pontificio e Cavaliere di Gerusalemme, ma soprattutto per la trama che stiamo ricostruendo appartenente all’Ordine dei Teatini, dei quali fu procuratore generale tra il 1763-1765 [C. De Dominicis – Amministrazione Pontificia 1716-1870 – Repertorio Biografico] lo stesso ordine che gestì la chiesa posta in piazza Chiaia fino ai primi anni dell’ottocento.
Un altro membro della casa Sisto y Britto fu invece sicuramente ospite del convento napoletano, infatti proprio dalla residenza di Santa Maria degli Angeli, Remigio Maria Sisto y Britto, il 10 aprile 1779 scriveva un’epistola all’allora duca di Ceglie.
Ma chi sono dunque i Sisto y Britto?
Come si è detto sopra e come si potrà ben capire dal cognome, sono una famiglia di origine spagnola. In realtà una famiglia italo-spagnola.
Il primo duca di Ceglie, Sisto y Britto, è stato Luigi, l’Aloysii della lapide posta in Santa Maria degli Angeli, marito di Caterina Lubrano.
Luigi Sisto y Britto secondo quanto già indicato da Cosimo de Giorgi nel 1884 “venne in Napoli dalla Spagna, presidente del S. R. Consiglio di S.ta Chiara, conte di Castiglia e perpetuo reggitore di Malaga nel 1600 marito di Caterina Lubrano duchessa di Ceglie” [Fondo manoscritti De Giorgio – Biblioteca Bernardini di Lecce].
Documentazione recentemente individuata, digitalizzata dall’Università della Florida, e proveniente dagli archivi di Malaga e Cadice (Cadiz) ci permette di risalire più indietro dell’ascendenza di Luigi e nella storia della sua famiglia.
Luigi Sisto y Britto, Luis de Sistos (scritto anche Sixtos) Brito, più piccolo di tre fratelli, era nato a Malaga il 13 luglio 1630, figlio di Don Jacinto Sixtos y Martinez e Donna Barbara Brito, quindi come riportato nei documenti spagnoli secondo duca di Ceglie (2° duque de Chele) per concessione avvenuta in Napoli, il 4 gennaio 1675 succedendo a Diego Lubrano (Lugrano) 1° duque de Celle del Galdo dal 21 settembre 1641 per concessione data in Napoli e confermata in Madrid (documentazione conservata presso l’archivio di Simancas).
I due fratelli di Luigi erano Juan Bautista de Sixtos Brito, capitano della Reale Armata, nato in Malaga il 6 gennaio 1620, da cui ebbe origine la famiglia Sixtos y Hoyo, e Esteban de Sixtos Brito, Cavaliere di Santiago, nato in Malaga il 7 marzo 1622.
Don Jacinto Sixtos y Martinez padre dei tre fratelli Sixtos Brito fu effettivamente reggitore perpetuo di Malaga, dove era nato il 18 ottobre 1601, carica erroneamente attribuita dal De Giorgi al figlio Luis.
Don Jacinto era figlio del capitano Juan-Bautista de Sixto (battezzato a Malaga il 25 novembre 1588) e Maria-Andrea Martinez y Gonzalez.
Il primo Sisto noto secondo la genealogia spagnola è il padre di Juan-Batista, Esteban de Sistos, a sua volta di origine italiana, infatti oltre al titolo di ammiraglio gli viene attribuito quello di Patrizio e Senatore di Genova che trasferitosi in Spagna sposò tale Geronima dando origine a quella dinastia che circa 150 anni dopo ottenne il ducato di Ceglie.
Avvicinandoci invece ai giorni nostri e ripartendo dal Luigi di origine spagnola, servendoci anche degli appunti di Cosimo De Giorgi, troviamo, secondo la discendenza i seguenti duchi di Ceglie:
- Andrea Sisto y Britto: Vicario generale della Calabria e governatore del Principato di Salerno e consigliere del Sacro Regio Consiglio nei primi del 1700.
- Domenico: che sposò Giovanna Granafei dei Marchesi Sternatia … consigliere del Vicerè.
- Francesco: sposo della duchessa Maria Del Maino di Milano … morta in Ceglie nel 1740 in odor di santità.
- Annibale, sposo di Elisabetta Acerbo di Napoli, fratello del Vescovo di Sora Giuseppe Maria Sisto y Britto, duca di Ceglie quando la casa già era decaduta per la vendita di molti feudi tra i quali Torre Santa Susanna, fatta da Francesco Sisto.
- Luigi: rimise la casa, fu benefico …. sposò Maria della Posta dei Conti di Molise.
- Raffaele ultimo duca di Ceglie della casa Sisto y Britto, morto a Napoli nel 1862, il ducato passò poi per matrimonio alla famiglia Verusio attraverso il matrimonio avvenuto in Napoli il 21 settembre 1811 tra Marianna Sisto y Britto e Salvatore Verusio.
Segno tangibile del passaggio di questa famiglia italo-spagnola nel castello di Ceglie è lo stemma composto da nove leoncini coronati posto sulla balaustra dello scalone principale, stemma questo che sicuramente non è l’ultima versione dell’arma della famiglia ducale, sono note infatti altre rappresentazioni della stessa (se ne parlerà magari in un’altra occasione).
L’arma con i nove leoncini era raffigurata inoltre nel controsoffitto ligneo di quello che oggi è denominato il salone dei sindaci (senza sindaci, sic), l’opera fu descritta sempre dal De Giorgi: affresco della volta in tavola nella sala – nel centro …. 9 leoncini coronati e sotto tre elmi in galea coronata e tenuti da angeli, eimpressi sulle tavole, per quel che si racconta, ci dovevano essere anche i nomi dei duchi di Ceglie.
Questo controsoffitto è andato irrimediabilmente perso a causa di un crollo avvenuto negli anni 80 del secolo scorso e forse quel che rimaneva è stato buttato circa un anno e mezzo fa quando si decise di ripulire le scuderie del castello. Esistono però delle fotografie che nessuno ha mai pensato di esporre nel Castello.
Oggi che si è ritornati sulla storia di una delle famiglie che lo ha ha abitato, il Castello appare per metà un cantiere spento e placido rispetto al passare del tempo da un lato, e dall’altro quel che resta di un polo culturale che ha vissuto qualche anno fa momenti di piccola gloria e che oggi vive in apparenza senza alcuna prospettiva, con calcinacci che cadono intorno alle tele di Emilio Notte, umido sulle pareti, e una biblioteca lasciata a se stessa senza una guida. Forse i fondi di NextGenerationEU potranno grazie a qualche giusta congiunzione astrale ridarci un Castello in parte restaurato, ma sono sicuro che non basterà aggiustare le pietre. Si ha bisogno di una storia da costruire, saper vivere e raccontare attraverso le persone idonee e forse alcuni dei passaggi scritti in questo articolo potranno servire a chi vorrà se ci sarà per far questo.
Ed infine una piccola postilla sul salone dei sindaci del Castello, di cui rimane solo la targa e qualche buco nel muro, se non si ha intenzione di rimontare i quadri sarebbe preferibile rimuovere anche la targa e poi magari si pensi al salone come a un luogo per raccontare la storia della casa ducale come era in origine.