9 Gennaio 2025

Dal salotto alla regia: così nacque la radio

Lo studio di trasmissione di una "radio libera" nella metà degli anni Settanta
Lo studio di trasmissione di una "radio libera" nella metà degli anni Settanta

In un libro le storie e i ricordi delle emittenti in provincia di Brindisi. Con un capitolo dedicato al fenomeno che a Ceglie si sviluppò a metà degli anni Settanta con Radio Ceglie e Radio Stella. E con la presenza di una Tv che resiste e si sviluppa

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Il libro di Mimmo Tardio sulle radio in provincia di Brindisi

“Radio  e TV nella terra brindisina – Le  storie e i ricordi” è il libro di Mimmo Tardio presentato i giorni scorsi a Brindisi. Nella cornice delle celebrazioni per i 100 anni della radio in Italia viene riportata la diffusione che il mezzo ha avuto in provincia di Brindisi con la nascita delle “radio libere”, fenomeno sociale e culturale dilagato dalla metà degli anni Settanta.

Il libro di Tardio, scrittore e autore teatrale, è arricchito dai preziosi contributi, riferibili ognuno ad una città della provincia brindisina: di Marco  Greco e Mimmo Consales per  Brindisi, di Lorenzo Cirasino per  Ostuni (uno dei suoi ultimi scritti), Mino De Masi per Ceglie  Messapica, Pompeo Molfetta per Mesagne, Antonio Fanelli  per Francavilla Fontana e Gianfranco Mazzotta per Fasano.

Riportiamo integralmente il contributo dedicato all’esperienza di  Ceglie.

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di Mino De Masi

“Perché non trasmettiamo la musica dal nostro club”? Si era al giro di boa degli anni Settanta, 1975, e a Ceglie Messapica c’era già chi pensava di unirsi all’esempio della prima radio pirata messa su a Milano. Allora le radio non erano ancora “libere”, definizione che sarebbe stata sdoganata solo l’anno successivo, quando nel luglio del 1976 una sentenza della Consulta sancì la possibilità di trasmettere via etere in ambito locale. Quella domanda iniziale, nonostante un primo tentativo di andare in onda con un trasmettitore che peraltro “slittava” di frequenza, dovette attendere ancora un anno prima di trovare risposta alla crescente voglia di quell’epoca: libera radio in libero Stato. E dal club, ritrovo gestito con le paghette settimanali, ci si ritrovò nell’abitazione di una giovane coppia che nel soggiorno di casa fece spazio ad un tavolo per poggiarvi due giradischi, un microfono e un piccolo mixer collegato al trasmettitore da 50 watt alloggiato sul balcone. L’antenna ovviamente sul tetto condominiale, 4 dipoli che avrebbero cambiato tutto.

Così, alle ore 14,30 del 13 settembre 1976, sulla frequenza Fm di 102,5 megahertz è nata Radio Ceglie Centrale, una delle prime emittenti pugliesi,  voluta da Mimmo Gigante e consorte che non esitarono ad aprire la loro casa di Via Amendola al gruppo di ragazzi che da mesi scalpitava tra oratori, esami  e piazza del paese. L’entusiasmo iniziale, però, dovette fare i conti con la coabitazione dei pur generosi e ospitali padroni di casa perché se la radio faceva consenso fuori, lo faceva anche al suo “interno” con il viavai di giovani desiderosi di curiosare e partecipare. E’ vero che in quegli stessi giorni Bill Gates e Steve Wozniak in due garage negli Usa maneggiavano primordiali computer che avrebbero rivoluzionato il mondo,  ma trasmettere musica fino a tarda sera, aprire discussioni, occupare la linea telefonica di famiglia, accogliere ospiti e improvvisare dibattiti in un salotto è tutta un’altra cosa. Anche se più tardi la Tv italiana ci avrebbe abituati alla decadenza dei salotti intesi come talk.

Giradischi, registratori, un Revox, le cassette: strumenti un tempo essenziali e oggi
sostituiti da apparecchi digitali. Resta solo l’evoluzione del mixer e dei programmisti

Tuttavia quella rapida incubazione maturò sogni e desideri, la strada era segnata. Anzi, era indicata una via. Via Padova numero 12, dove un avvocato, Antonio Epifani,  e un commerciante di elettrodomestici, Vito Gianfreda, figure straordinariamente capaci di intuire i mutamenti di una società e incoraggiarne le spinte ideali, affittarono un intero appartamento al primo piano per riunire quei “bravi ragazzi” già ascoltati in “frequenza” e dar vita a Radio Stella, un’emittente che avrebbe segnato  il tumultuoso fenomeno di quegli anni. La radio non era solo libera, era pure aperta: alla musica, agli approfondimenti locali, ai rappresentanti politici, alle associazioni e soprattutto alla gente, con il telefono trasformato in megafono di comunità.

Dopo stagioni impastoiate dal monopolista pubblico, la leggerezza si trovava persino nella possibilità di scegliere la frequenza più semplice dove irradiare il segnale, quella che si poteva ricordare facilmente: “Dai 100 MHz della modulazione di frequenza, ecco a voi Radio Stella” il messaggio inaugurale solennemente pronunciato l’8 marzo 1977.  L’assenza di interferenze e la posizione orografica di Ceglie Messapica, a 300 metri sul mare e sopra la pianura salentina, furono fattori che contribuirono ad estendere il bacino di ascolto facendo conoscere fino alle porte di Lecce la qualità e la disinvoltura di un gruppo che fino ad allora aveva avuto poco a che fare con i microfoni.

Rassegna stampa e informazione interpretando i quotidiani erano spazi molto seguiti in un panorama che non aveva ancora internet e neppure Televideo. Spesso ci pensava Donato Rapito a coprire il vuoto. La domenica pomeriggio si davano i risultati delle gare sportive locali, risultati che diversamente si sarebbero conosciuti solo con il giornale del lunedì. Furono allestite persino alcune dirette esterne: la Coppa Messapica di ciclismo con radiocronaca grazie ad un baracchino (ricordate la Cb?) installato in auto o un vernissage dal Castello ducale con il pittore Emilio Notte.

Ovviamente la musica era dominante, con l’ora di discomusic condotta con scioltezza da Mr. Angel (Suma) e Dora Barletta, i cantautori selezionati da Lillino Ricci, il top dei successi da hit parade, ovvero le dediche appaltate a Mimmo Santoro con “Stella dediche”, il pomeriggio folk, che oggi chiameremmo etnico, curato da Franco D’Amico e Piero Nacci, il jazz richiesto dall’avvocato editore con l’assistenza in regia di Severino Gasparro, l’intrattenimento musicale con intermezzi di vario genere affidato a Domenico Bellanova, Mimmo Pepe (anche tecnico tuttofare dell’emittente), Renato Annè e Pino Leo, fino all’indimenticabile “Spaghetti sound”. Andava in onda all’ora di pranzo con il team di Radio Stella in rotazione accanto a Franco Suma e Gianni Lagamba, avvocato a Brindisi: quiz, sketch, sfottò e commenti dissacranti sui fatti del giorno inframezzati da dischi. D’estate il programma poteva ascoltarsi camminando in strada, dalle finestre aperte, con le famiglie riunite a tavola praticamente tutte sintonizzate su Radio Stella. Non c’era la soddisfazione dell’Auditel ma di un più apprezzato riconoscimento da parte del pubblico che spesso s’affacciava nello studio di trasmissione con un piatto di pasta, la focaccia appena sfornata, i confetti della prima comunione della bimba, il caffè.

Una generosità irripetibile il mercoledì sera quando andava in onda “Giallo quiz”, appuntamento che costringeva le famiglie ad ascoltare la radio con il telefono a portata di mano, quello grigio della Sip con ghiera numerata. Tra il ’75 e il ’78 il fenomeno delle “radio private” fu totalizzante in quanto per la prima volta consentiva condivisione e partecipazione, un “fenomeno di prossimità” direbbero sociologi e analisti, in quanto nel box a transistor si ascoltava l’amico della porta accanto, al microfono persone che si conoscevano e si incontravano. “Giallo quiz” fu un’idea di Giovanni Stoppa, presidente carismatico della squadra di calcio del Ceglie, la “Zingara”  che in quattro anni passò dalla Terza Categoria al campionato di Promozione guadagnandosi i galloni e l’attenzione del mondo sportivo di tutt’Italia. Stoppa scriveva le sceneggiature di un poliziesco affidando trama e copione ad improvvisati attori, sempre “quelli della radio”, che in diretta recitavano la parte. La soluzione del caso era sempre affidata agli ascoltatori.

Per accaparrarsi la linea telefonica si misero in campo astuzie sconosciute all’epoca. Non c’erano telefoni con memoria, i toni Dtmf  si vedevano soltanto nei film di 007, la selezione era affidata ad una ghiera bucata in corrispondenza dei numeri. Si ruotava fino ad un punto di blocco e la si rilasciava, tenendo sospesa l’ultima cifra che veniva composta quando in radio si sentiva il click di chiusura del precedente concorrente. “Roba da matti” ebbe a dire Mike Bongiorno, che dei quiz era il re.

I matti nel dicembre del ’77 lasciarono la sede di via Padova per trasferirsi in locali attigui alla nuova discoteca “Io, Valentino”, un connubio che rispettava nuovi stimoli ma che lentamente snaturò lo spirito goliardico affrettandone la parabola riservata a gran parte delle radio locali. Alla mezzanotte del 31 dicembre del 1979 una tempesta abbatté definitivamente il traliccio dell’antenna.

Iniziava un altro decennio. Vide la luce Radio Boomerang guidata con coraggio ed efficienza da Maurizio Speciale, però l’aria stava cambiando, si percepiva il declino di un fenomeno spontaneo che in poco tempo aveva esaltato linguaggio e comportamenti. Le roboanti espressioni furono ben presto un ricordo diventato retaggio, come la bizzarra “frequenza modulata” per definire la più tecnica modulazione di frequenza, i “megacicli” che non significano un bel nulla, la criptica dedica da “un gettone ad una cabina telefonica” o l’intrigante “da un anonimo ad un’anonima”, roba da preistoria.

Gli anni ’80 richiedevano diverse risorse e maggiore organizzazione, la radio lasciava il posto alla televisione e anche Ceglie ha avuto il suo oracolo in Rocco Monaco con Telemessapia, una Bastiglia quando nell’agosto del 1992 la protesta dei piccoli contro la legge Mammì e il piano delle frequenze portò in questa periferia del Paese lo spirito di una contestazione sedata ma forse mai sconfitta.

Mino De Masi

P.S. – Poiché nella narrazione mancano diversi nomi che meriterebbero citazione, mi unisco al gruppo ignorato omettendo il mio marginale contributo, peraltro offerto in quella stagione per sola opportunità anagrafica. 

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La prima radio a Ceglie sperimentò l’affollamento delle frequenze, tema tecnico e politico arrivato fino ai nostri giorni. Accadde nel settembre del 1976 e un articolo di Renato Moro sull’epopea delle radio, pubblicato su “Quotidiano di Puglia”, offre una lettura dell’accaduto, una vicenda intrecciata tra la nascita della radio e i Campionati del mondo di ciclismo che quell’anno si tennero a Ostuni.

A cavallo tra i mesi di agosto e settembre Radio Ceglie centrale “sperimentava” la messa in onda, si controllava la frequenza, la sua portata, si interveniva per ottimizzare il segnale del trasmettitore. Negli stessi giorni la Rai preparava il collegamento per l’evento sportivo, trasmesso in tutta Europa e Paesi interessati, ma la frequenza intorno ai 108 Mhz  utilizzata per le comunicazioni tra moto, auto e regia radiotelevisiva al traguardo era disturbata, più per via dell’orografia e dei mezzi di allora che per responsabilità dell’emittente cegliese. Che, a modo suo, contribuì all’evento.

Ecco la ricostruzione nell’articolo pubblicato il 10 dicembre 2017.

Nei primi giorni di settembre del ‘76 scese in campo, anzi nell’etere, anche Radio Ceglie centrale. Ma dovette fermarsi quasi subito, sia pure per pochi giorni. Il segnale, intorno ai 102.5 mhz, dava fastidio alle unità mobili che da lì a qualche giorno avrebbero seguito per la diretta Rai il campionato del mondo di ciclismo su strada, vinto da Freddy Maertens. «Un bel giorno – ricorda Mino De Masi, ora capo della redazione brindisina di Quotidiano – io, Mimmo Gigante e Donato Rapito ci trovammo davanti un tecnico della Rai. “Ragazzi”, ci disse, “dovreste spegnere il trasmettitore, altrimenti l’Italia non vedrà i Mondiali”». Ovviamente gli italiani videro il campione belga trionfare.

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